17 gennaio – Kim Groothuis (University of Cambridge)

Relatrice: Kim Groothuis (University of Cambridge)

Orario e aula: 10:00, Van Wijkplaats 4/006
Titolo:: La finitezza nelle lingue romanze: definizioni tradizionali e casi problematici

Abstract
La finitezza viene tradizionalmente definita come una proprietà morfologica binaria: all’interno di paradigmi verbali si distinguono forme finite (flesse) da forme infinite (non flesse). Una definizione puramente morfologica risulta tuttavia molto problematica, data la presenza di lingue senza flessione verbale che comunque presentano una distinzione sintattica tra forme finite e infinite, come il danese o l’afrikaans (cfr. Vincent 1998). Inoltre, troviamo molti casi in cui la morfologia finita o infinita di una determinata forma verbale non corrisponde alle sue proprietà sintattiche.
Anche molte lingue romanze presentano una serie di forme verbali che non si possono facilmente classificare come finite o infinite, come per esempio l’infinito flesso o personale, forme infinite che assegnano il caso nominativo al loro soggetto e che si accordano con esso (cfr. Raposo 1987; Vincent 1998; Ledgeway 2000; 2009; Mensching 2000 a.o.). Un altro caso problematico è il cosiddetto congiuntivo balcanico, attestato in rumeno, salentino e calabrese meridionale (cfr. Calabrese 1993; Dobrovie-Sorin 1994; Ledgeway 1998 a.o.): questa forma è morfologicamente finita, presenta marche morfologiche di tempo, aspetto e modo, e si accorda con il soggetto; al livello sintattico, invece, si comporta come un verbo infinito, perché non ha un’interpretazione temporale deittica (o ‘assoluta’), e può avere un soggetto controllato da un argomento della frase principale.
Il presente contributo intende descrivere i casi problematici presenti nelle lingue romanze, e proporre una nuova visione scalare del concetto di finitezza, collegata alla presenza (o assenza) di un ancoraggio diretto o indiretto dei tratti della frase all’atto linguistico (anchoring to the speech act, cfr. Ritter & Wiltschko 2014).